Legambiente presenta il dossier Nevediversa 2023
Legambiente presenta il dossier Nevediversa 2023
In montagna è sos neve, a pesare la crisi climatica e l’aumento delle temperature con impatti negativi anche sul turismo invernale e la stagione sciistica.
L’Italia è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente.
Aumentano nel Paese gli impianti dismessi, temporaneamente chiusi e quelli sottoposti ad accanimento terapeutico: in Emilia-Romagna 9 gli impianti dismessi, 2 in accanimento terapeutico.
Legambiente: “L’innevamento artificiale non è una pratica sostenibile, fa male all’ambiente ed è uno sperpero di soldi pubblici. È tempo di pensare ad un nuovo modello di turismo invernale e a rindirizzare meglio le risorse del PNRR”
In Italia, complice la crisi climatica, è sos neve. Una neve sempre più rara – visto che su Alpi e Appennini a causa dell’aumento delle temperature nevica sempre di meno con impatti negativi anche sul turismo invernale e sulla stagione sciistica – e una neve sempre più costosa dato che per compensare la mancanza di quella naturale, l’Italia punta sull’innevamento artificiale, una pratica non sostenibile e alquanto cara sperperando anche soldi pubblici. A parlar chiaro sono i dati del nuovo dossier di Legambiente “Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi climatica” presentato oggi a Torino, con il patrocinio della Città Metropolitana di Torino, e in cui l’associazione ambientalista fa il punto della situazione.
L’Italia, stando alle ultime stime disponibili, è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% delle piste che può funzionare solo grazie alle tecniche di innevamento artificiale. Nella maggior parte dei casi, infatti, la produzione di neve artificiale dipende dalla costruzione di bacini artificiali: sono ben 142 quelli mappati nella Penisola per la prima volta da Legambiente attraverso l’utilizzo di immagini satellitari, per una superficie totale pari a circa 1.037.377 mq.
Per Legambiente il sistema di innevamento artificiale non è una pratica sostenibile e di adattamento, dato che comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio. L’associazione ha fatto la seguente stima: considerando che in Italia il 90% delle piste è dotato di impianti di innevamento artificiale il consumo annuo di acqua già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 di m³ che corrispondono al consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti. L’innevamento artificiale richiede sempre maggiori investimenti per nuove tecnologie ed enormi oneri a carico della pubblica amministrazione e il costo della produzione della neve sta lievitando: se nella stagione 2021-2022 era di circa, 2 euro a metro cubo adesso siamo ai 3-7 euro al metro cubo.
Per questi motivi Legambiente torna a ribadire l’urgenza di ripensare ad un nuovo modello di turismo invernale montano ecosostenibile, partendo da una diversificazione delle attività. Ce lo impone la crisi climatica che avanza e che sta avendo anche pesanti impatti sull’ambiente montano. Difronte a ciò l’Italia non può più restare miope, ne può pensare di poter inseguire la neve. “La neve artificiale che negli anni ottanta era a integrazione di quella naturale, ora costituisce il presupposto indispensabile per una stagione sciistica, a tal punto che i comprensori per sopravvivere richiedono sempre nuove infrastrutture. Non si considera però – spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente – che se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l’innevamento semplicemente non sarà più praticabile se non in spazi molto ristretti di alta quota, in luoghi dove i costi già elevati della neve e della pratica sportiva subiranno incrementi consistenti, tanto da permettere l’accessibilità dello sci alpino unicamente ad una ridotta élite, così come accadeva nel passato. Lo ripetiamo, le nostre montagne stanno cambiando: pochissima neve, nevica più tardi e la neve è più bagnata e più pesante. È la fine di un’epoca, che però deve essere accompagnata da un nuovo modo ecosostenibile di ripensare il turismo insieme ad un nuovo approccio culturale. Per questo è fondamentale sostenere le buone pratiche che si stanno sviluppando nelle nostre montagne”.
In parallelo, nella Penisola nel 2023 aumentano sia gli “impianti dismessi” toccando quota 249, sia quelli “temporaneamente chiusi” - sono 138 – sia quelli sottoposti a “accanimento terapeutico”, ossia quelli che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico, e che nel 2023 arrivano a quota 181.Tutti impianti censiti da Legambiente che quest’anno allarga il suo monitoraggio includendo anche altre categorie: quelle degli “impianti un po’ aperti, un po’ chiusi”, ossia quei casi che con le loro aperture “a rubinetto” rendono bene l’idea della situazione di incertezza che vive il settore. In totale sono 84. La categoria degli “edifici fatiscenti”, 78 quelli censiti. Ed infine la categoria “smantellamento e riuso”, 16 i casi censiti.
In Emilia-Romagna, 9 gli impianti dismessi e 6 i comprensori sciistici un po’ chiusi, un po’ no - con aperture tardive e incertezza sull’apertura di volta in volta. Tra questi il caso esemplare Cerreto Laghi (RE), che comunica gli aggiornamenti quasi in diretta, sperando che arrivi la nevicata giusta per preparare il manto nevoso. A questi si aggiungono i casi di accanimento terapeutico, i Comprensori Corno Alle Scale - Monte Cimone (BO) e Passo Pendice (PC). Di quest’ultimo si segnala l’acquisto di 3 cannoni sparaneve nel 2022, rimasti inutilizzati per il troppo caldo.
Crisi climatica e impatti su turismo invernale e stagione sciistica: Nel report Legambiente ricorda che nel 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli in Italia, il secondo più caldo in Europa. Negli ultimi anni i maggiori incrementi di temperatura si sono registrati nell’arco alpino. L’elevate temperature e lo scarso innevamento producono impatti e ricadute negative anche sul turismo invernale e sulla stagione sciistica. Nella stagione sciistica 2022-2023 per la prima volta nella storia dello sci nel calendario di Coppa del mondo, da inizio stagione a fine febbraio 2023, sono state cancellate/rinviate per il comparto maschile 8 gare su 43, il 18,6% del totale. Per il comparto femminile: 5 le gare cancellate su un totale di 42 (11,9% de totale). Quasi tutte per scarso innevamento e/o temperature elevate.
Buoni e cattivi esempi: Infine nel report spazio anche ad una settantina di buone idee, ossia di storie di giovani e meno giovani che hanno deciso di puntare su Alpi e Appennini su sostenibilità e senso di comunità. Non manca, infine, un’analisi critica su alcune “cattive idee” che non stanno facendo bene alla montagna. Dato il quadro descritto in precedenza, non sorprende trovare tra i casi nocivi per la montagna la proposta della nuova seggiovia “Polla – Lago Scaffaiolo” sul Corno alle Scale. Come evidenziato più volte, la costruzione di una seggiovia ex-novo intaccherebbe aree vergini della montagna che ricadono in siti della Rete Natura 2000, senza tenere conto dell’inevitabile scarsità di neve. Esempi come quello del Corno alle Scale dimostrano che è insensato puntare sulla monocultura dello sci. Un esempio da seguire per la diversificazione delle attività montane è quello della Cooperativa di comunità Valle dei Cavalieri, a Succiso (RE), che grazie all’impresa dei volontari della proloco ha saputo dare seconda vita ad un paesino destinato allo spopolamento, sperimentando nuove offerte turistiche e puntando sulla produzione di prodotti locali.
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