MA LE DIGHE SONO L’UNICO SISTEMA PER ACCUMULARE ACQUA ?
Il recente convegno promosso dal Consorzio di Bonifica e dall’Università Cattolica ha riproposto, come unico sistema di accumulare acqua per l'agricoltura, quello delle dighe. Dando quindi per scontato che la realizzazione di grandi invasi sia la soluzione che la scienza e il mondo della produzione prevedono. Non viene fornita alcuna spiegazione tecnica: quella è la soluzione, punto e stop!
Noi non ci stancheremo mai di affermare che le dighe rappresentano solo uno dei sistemi per trattenere acqua, mentre degli altri metodi il Consorzio e le organizzazioni degli agricoltori NON vogliono ostinatamente sentir parlare.
Innanzi tutto dovremmo definire quali sono le necessità. Restringendo il campo alla sola agricoltura, si stima che ogni anno ci sia la necessitò di circa 100 -110 milioni di mc. Di questi complessivamente la metà proviene da acque superficiali, il rimanente da pozzi che prelevano dalla falda. Questa acqua viene trasportata da reti costituite da canali con fondo naturale. Questo comporta il fatto che il rendimento, l’efficienza sia inferiore al 50%. Per fare l’esempio dal bacino del Trebbia vengono derivati mediamente 35 -40 milioni di mc, ai campi ne arriva neanche la metà. Quindi 20 milioni di mc invece di arrivare ai campi vengono assorbiti dal terreno. Un altro fattore di inefficienza è costituito dalle modalità di distribuzione dell’acqua, ancora paradossalmente basata sul sistema feudale delle utenze privilegiate e delle “bastarde”. Le prime vengono sempre raggiunte, le altre solo se il livello d’acqua nei canali lo permette. In ogni caso l’acqua viene distribuita non in base alle reali necessità (a chiamata) ma a periodi. Questo comporta una ulteriore diminuzione dell’efficienza del sistema, in quanto l’acqua può essere erogata alle aziende anche quando non c’è bisogno; incredibile ma vero! Quindi nel bacino del Trebbia, solo per perdite e per inefficienze del sistema, non arrivano ai campi più di 20 milioni di mc, l’equivalente della diga del Brugneto. Della situazione del Nure non si sa niente. Né quanta acqua venga effettivamente derivata, né quanta acqua arriva ai campi. L'unica cosa che si sa è che viene prelevata sia l'acqua di superficie, che quella di sub-alveo. Tutto questo in barba a tutte le norme e direttive, ma soprattutto alle ragioni del buon senso.
Ma se proprio si volesse ugualmente accumulare l’acqua è davvero la diga l’unica soluzione? O ci sono altre modalità per trattenere l’acqua in superficie? Vediamone alcune:
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Bacini realizzati in cave;
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Bacini seminaturali realizzati sbarrando piccoli bacini naturali;
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Casse di espansioni a fini di riduzione del rischio di inondazione.
La scelta quindi dovrebbe essere fatta confrontando costi e benefici di tutte le opzioni possibili. Allora perché si parla solo della diga da realizzare in ambito montano? In realtà il confronto tra le varie soluzioni collocherebbe inevitabilmente la diga all’ultimo posto, non solo per motivi ambientali - facilmente dimostrabili - ma per motivi di sicurezza e soprattutto economici. Dunque perché si insiste solo sulla diga? Il motivo è abbastanza semplice e tipicamente “Italiano”. La diga costituisce una grande opera con costi molto importanti e quindi un grande appalto. Questo è quello che ispira il volere di alcuni enti.
Invece che cosa prevede la pianificazione del settore a livello di Regione e di Bacini idrografici? Prevede sempre, come scelte prioritarie, il miglioramento dell’efficienza delle reti, il risparmio nelle tecniche di distribuzione e di irrigazione, l’accumulo in bacini contigui alla rete di distribuzione o in casse di espansione. Nel 2007, anche grazie alle sollecitazioni di Legambiente, venne pubblicato lo studio sull’”Uso sostenibile dell’acqua del Trebbia” in cui, come soluzioni, venivano riportate quelle sopra citate. Quello studio venne promosso dalla Regione, dalla Provincia, dalle Associazioni agricole e da quelle ambientaliste. E’ dal 2007 che sapremmo che misure adottare per rispondere alle esigenze dell’agricoltura, anche negli anni siccitosi, come quello appena trascorso, senza compromette l’equilibrio dell’ambiente fluviale. Se si fossero concretizzate le proposte contenute, incrementando lo stoccaggio di 1 milione di mc all’anno, nelle aree individuate dallo studio, oggi l'agricoltura piacentina avrebbe a disposizione bel 10 milioni di mc in più, il doppio del rilascio del Brugneto e l'equivalente della diga che si vorrebbe costruire in Val Nure
Eppure, ad oggi, nessuna di quella misura è stata realizzata. E comunque proprio il 2017 dimostra che le dighe non sono la soluzione. Le principali dighe a fini irrigui, in val d’Arda e in val Tidone sono rimaste vuote. La diga di Boschi in Aveto è piena di fango e solo il Brugneto è quasi pieno. Ma è capitato in passato che anche questo invaso fosse vuoto. Quindi la diga non è la soluzione. L’alternativa, come prevede la pianificazione del settore e il buon senso, è l’insieme delle soluzioni gestionali e infrastrutturali che permettono, in poco tempo, di accumulare acqua e farla arrivare, con meno perdite, e con metodi di risparmio sostenibili, quando necessita alle aziende.
Invece come conclusioni il Convegno ha ribadito 2 auspici: la modifica del metodo di calcolo del Minimo Deflusso Vitale e la diga in Val Nure.
Il primo, da realizzare nelle previsioni del nuovo piano di tutela delle acque della Regione, crediamo che sia la solita falsa notizia. Gli indirizzi del metodo di calcolo del DMV sono fissati nel nuovo piano del Distretto idrografico del Po che l'Autorità di bacino ha appena approvato e la stessa Regione ha già applicato con calcoli e numeri.
Sulla diga in Val Nure, la zona indicata per la diga sarebbe quella in prossimità di Olmo. Basta dare un'occhiata alla carta geologica regionale per capire che lì non è proprio la zona ideale. E poi, forse, prima di indicare delle località, non sarebbe meglio chiedere agli abitanti di Bettola se vogliono continuare a dormire sogni tranquilli?
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